La tradizione di questo gustoso piatto è promossa dal Comitato Paesano di Aquilea che, dal 1978, custodisce e sostiene la ricetta della zuppa, tesoro della storia agroalimentare lucchese, preparata fin dal tardo Medioevo. Le origini della comunità di Aquilea risalgono al 1100 quando, per sfuggire alle continue inondazioni del fiume Serchio causate dall’assenza degli argini, una comunità di persone si insediò con un piccolo castello (successivamente chiamata Castellaccio) a San Leonardo, nella parte alta della collina.
E’ per questa ragione che le zone collinari diventano l’unico punto adatto alla pratica di un’agricoltura di sussistenza e che il territorio di Aquilea è interamente collinare.
Divenuta ben presto un piatto quotidiano, la zuppa si è evoluta nei secoli come alimento povero e nutriente, in particolare per i contadini. Negli anni ’70, dopo un’approfondita ricerca tra le famiglie locali, è stata definita la ricetta originale e si è dato vita all’evento “Sagra della Zuppa di Aquilea”.
Tradizionalmente consumata il venerdì come piatto di “vigilia” e utilizzata per consumare il pane raffermo avanzato durante la settimana (dato che il sabato era il giorno dedicato alla panificazione), la zuppa di Aquilea è un piatto che, dai primi freddi fino all’inizio della primavera, esprime al meglio il suo sapore. È in questa parte dell’anno, infatti, che si raccolgono “gli erbi”, tra i quali il cavolo “braschetta lucchese”, ed è proprio durante l’inverno, grazie all’effetto del gelo, che questi preziosi ingredienti raggiungono il loro gusto ottimale.
Il Comitato Paesano di Aquilea ha condotto, nel corso di circa 40 anni, una ricerca capillare sul territorio indirizzata a raccogliere gli ingredienti e i diversi metodi di preparazione. L’unicità di questa ricetta è data dall’uso esclusivo di materie prime provenienti da aziende agricole locali, come il fagiolo rosso lucchese, il cavolo riccio nero di Lucca (o “braschetta” lucchese) e gli erbi di campo, che crescono e acquisiscono il loro sapore distintivo sulle assolate colline di Aquilea, grazie alle caratteristiche chimiche del terreno. La varietà degli erbi può arrivare fino a 40 tipi e specie diverse, a seconda della stagione. La consistenza densa, il profumo delicato delle verdure e l’aggiunta di olio extra vergine di oliva proveniente dalle fattorie della zona, rendono la zuppa di Aquilea un’esperienza gastronomica unica.
La preparazione prevede di lavare e mettere in ammollo i fagioli per una notte (50 gr. a persona). Successivamente, si raccolgono gli erbi e si cuociono i fagioli nella stessa acqua di ammollo, passandoli al setaccio (eliminando le bucce) interamente o in parte. Si aggiungono poi le erbe e gli erbi al pentolone, iniziando dai più duri a cuocere. Una variante prevede di far appassire le verdure e gli erbi in un altro pentolone (a vapore o in olio) prima di unirli al resto. La cottura è lunga (minimo tre ore) a fuoco moderato, con l’aggiunta di olio in cottura come ingrediente. A parte, si prepara un pesto di erbe aromatiche (o si usano a “mazzetta”) da unire al pentolone e cuocere per dieci minuti, al fine di non disperdere gli aromi. Si prepara, infine, il pane a pezzetti o a fette sottili unto con olio, alternandolo con la zuppa, in capienti zuppiere, che vengono coperte al fine di lasciar riposare il tutto e di far ammollare il pane. La zuppa si serve con un ulteriore filo d’olio delle fattorie di Aquilea.
Alcuni degli ingredienti principali di questa ricetta della tradizione lucchese sono stati riconosciuti dalla Regione Toscana e inseriti, con Decreto n. 1569 del 4/04/2016 (Allegato A), nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (in applicazione del D.Lgs. 173/98 e D.M. 350/99).
Il Comitato Paesano di Aquilea, riconosciuto sia a livello regionale sia nazionale, in quanto gestore di circa 30.000 mq. di terreno dedicati anche alla preservazione in situ di piante rare, è un fiero “coltivatore custode” di Razze e Varietà Locali tutelate dalla Legge Regionale Toscana n. 64 del 16/11/2004, impegnato a mantenere la biodiversità e la storia del territorio e a valorizzare il patrimonio agricolo locale.
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Pagina aggiornata il 29/07/2025